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Tumori del fegato, un confronto tra esperti a Siligo

medici
CAGLIARI, 2 LUGLIO 2009 – Le strategie diagnostiche e terapeutiche nei confronti del tumore epatico sono state gli argomenti principali dell’incontro che si è svolto nei giorni scorsi nella sala riunioni della Comunità terapeutica S’Aspru di Siligo.
Il congresso, organizzato dall’Oncologia medica e dall’ambulatorio di Epatologia del reparto di Gastroenterologia dell’Ospedale SS. Annunziata di Sassari, ha coinvolto i più importanti esperti locali sia in campo oncologico, sia epatologico, sia di radiologica interventistica del centro-nord Sardegna, figure professionali che quotidianamente affrontano i problemi dei numero pazienti portatori di tumore epatico.

I professionisti hanno rilevato come, anche in Sardegna, «si stia registrando un incremento della patologia tumorale del fegato, legata fondamentalmente alla presenza di epatopatia cronica da virus dell’epatite B e, in minor misura, di quella C. A questi si aggiungono i frequenti casi di epatocarcinoma in fegato non cirrotico».

Da qui la necessaria adozione di una serie di strategie diagnostiche e, soprattutto, terapeutiche, che si possono mettere a disposizione di pazienti affetti da queste patologie. Si va dalla alcolizzazione del tumore epatico che, con metodica di facile applicazione ed a basso costo, può rappresentare l’approccio iniziale in casi piccoli e selezionati, alla termoablazione con radiofrequenza che consente di “coagulare” la lesione in maniera radicale; quindi ancora dalla chemio-embolizzazione con iniezione di un farmaco antitumorale ed una sostanza lipidica nella circolazione sanguigna che porta direttamente al tumore, e infine, nelle forme avanzate, e non più suscettibili di terapie locali, alla terapia orale con un nuovo farmaco (sorafenib), che ha dimostrato di essere l’unico attivo in queste forme migliorando la prognosi e soprattutto la sopravvivenza di una quota non indifferente di pazienti affetti da epatocarcinoma.

«Tali terapie oncologiche – hanno fatto notare gli esperti – un tempo appannaggio dei soli oncologi, ora sono utilizzabili e gestibili anche dagli epatologi che, globalmente, assistono un numero elevato di pazienti. Questo rende più praticabile una terapia in sedi anche non coperte dagli oncologi».

Uno dei problemi più importanti, emerso durante la riunione, è stata la necessità che i pazienti abbiamo percorsi diagnostico-terapeutici “facilitati” e condivisi in quanto, evidentemente, «una diagnosi precoce di epatocarcinoma è associata, se gestito in maniera ottimale, ad una alta percentuale di guarigione».

«Tale obiettivo sarà ricercato – hanno sottolineato in conclusione l’epatologo Franco Bandiera e l’oncologo Antonio Contu – nell’ambito dell’Asl sassarese, attraverso la creazione di una organizzazione interna che eviti al massimo le difficoltà che tali pazienti hanno di essere presi in carico dalle strutture di riferimento».