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Decisioni cliniche ed EBM

Diagnosi e terapia sono le aree in cui è più frequente il bisogno dei medici di nuove informazioni per risolvere i problemi dei loro pazienti. Se si prendono in considerazione i medici di medicina generale (MMG), che sono la categoria medica più numerosa e con il maggior numero di pazienti, le prime 3 fra le 10 informazioni più richieste dai medici per la soluzione di problemi clinici riguardano infatti la terapia e la diagnosi:
• Qual è il farmaco di scelta per la condizione X?
• Qual è la causa del sintomo X? (e anche: qual è la causa del segno X?)
• Quale test è indicato nella situazione X?

Qual è il farmaco di scelta per la condizione X?
La risposta a questo tipo di domanda implica la valutazione dell'efficacia dei trattamenti, che per giudizio universalmente condiviso dovrebbe essere sempre basata sui risultati di uno o più trial controllati e randomizzati (RCTs) e preferibilmente – se esistono più RCTs dello stesso trattamento – su revisioni sistematiche con o senza metanalisi. Il trasferimento alla pratica dei risultati degli studi randomizzati e delle revisioni sistematiche non è automatico. Gli studi randomizzati sono condotti su pazienti omogenei per malattia, ma non per altre caratteristiche, e l’efficacia di un trattamento in un RCT può essere imprevedibilmente condizionata nella pratica da differenze di sesso, di età, di etnia, di gravità di malattia, di comorbilità, o da interazioni farmacologiche. Queste discrepanze tra gli effetti dei farmaci negli RCTs e quelli nella pratica giustificano la distinzione tra efficacy (negli RCTs) ed effectiveness (nella pratica) (vedi nota 1).
Per trasferire i risultati degli RCTs a una decisione clinica sono necessari due tipi di informazione aggiuntiva:
• primo, la mediazione di pubblicazioni secondarie che selezionino in funzione della rilevanza clinica i trial più significativi e li sintetizzino in termini applicabili alla pratica; l’esempio può essere quello di UpToDate, o delle rassegne narrative pubblicate da riviste come New England Journal of Medicine, Lancet, JAMA;
• secondo, la conoscenza delle specificità cliniche, dei valori dei pazienti e del setting in cui si lavora. Dovrebbe completare i risultati dei trial anche l’esperienza post-marketing, che può far emergere reazioni avverse non rilevate in precedenza.

Molti RCTs sono sponsorizzati dall’industria e finalizzati a ottenere l'autorizzazione all’immissione in commercio di nuovi farmaci, o l'estensione a nuove indicazioni di farmaci già in commercio. Questi RCTs hanno un eccesso di risultati favorevoli al farmaco dell’industria sponsor, anche per la mancata o ritardata pubblicazione degli RCTs negativi, e i risultati, anche se statisticamente significativi, hanno spesso scarsa rilevanza clinica.
Cogliere le insidie degli RCTs sponsorizzati e delle revisioni sistematiche che li riassumono è un compito difficile anche per esperti, e le proposte per controllare l’inquinamento promozionale degli RCTs sono ancora in gran parte inattuate.

Le domande riguardanti la terapia non trovano risposte basate su prove nelle "zone grigie" della medicina, dove gli RCTs non ci sono, o hanno risultati incerti o discordanti. Nelle grey zones le scelte terapeutiche si devono ricavare da conoscenze fisiopatologiche (ad esempio, come usare i diuretici in un paziente con cirrosi ascitica parzialmente refrattaria), o da studi non controllati in piccole serie di pazienti (ad esempio, come trattare un paziente con ipercalcemia da immobilizzazione), o da case report, e più di altre scelte terapeutiche devono tener conto delle preferenze dei pazienti.

Per evitare di essere indotti in errore nell'interpretazione degli RCTs (vedi nota 2) si consiglia di:
• leggere solo i metodi e i risultati; saltare i commenti
• leggere un abstract commentato del trial in una pubblicazione secondaria EBM-correlata (se disponibile: ad esempio, in ACP Journal Club, un servizio dell’American College of Physicians statunitense)
• stare attenti ai trattamenti di controllo inappropriati (ad esempio, placebo se già esiste un trattamento efficace; scelta di un trattamento attivo diverso dal migliore disponibile; scelta di dosi ridotte e perciò subottimali)
• stare attenti agli end point compositi, se non è possibile discernere l’effetto del trattamento sull’end point più importante
• stare attenti alla dimensione dell’effetto terapeutico (effect size), espresso dalla riduzione assoluta di un rischio, e non solo alla significatività statistica
•interpretare solo come ipotesi i risultati favorevoli di analisi di sottogruppi, specie se non previste dal protocollo e se l’effetto positivo sul totale dei pazienti trattati non è statisticamente significativo


Qual è la causa del sintomo X? Qual è la causa del segno X?
Il processo diagnostico ha inizio con l'interpretazione dei sintomi e segni di un paziente, la loro aggregazione in cluster e la generazione di una o più ipotesi di malattia (ad esempio, "Che cos’ha questa giovane donna con artrite, edemi periferici e leucopenia?"; "Perché questo paziente operato due settimane fa di sostituzione valvolare ha dolore retrosternale, febbre e artralgie?"). Questa fase iniziale del processo diagnostico consiste essenzialmente in un matching fra i sintomi e segni del paziente in esame e i modelli di malattie compatibili (script) presenti in memoria (vedi nota 3).
Se il matching non si realizza (perché manca la conoscenza, per incompleto esame clinico del paziente, o per ipoefficiente richiamo cognitivo della conoscenza memorizzata), il medico deve ricorrere a nuove informazioni.
Trovare risposte nella letteratura al bisogno di nuove informazioni per interpretare sintomi e segni e generare ipotesi diagnostiche è assai più difficile che trovare risposte al bisogno di informazioni terapeutiche. Molta parte del significato diagnostico dei sintomi e segni dipende infatti da un gran numero di particolari (contesto clinico, caratteri del sintomo o segno, cronologia, associazione con altri sintomi e segni), ognuno dei quali può essere diagnosticamente decisivo, che non è facile tradurre in una domanda alla quale sia possibile dare una risposta.

Il percorso migliore è quello di formulare ipotesi diagnostiche per orientare la ricerca di dati successivi di conferma o esclusione: la malattia o l’alterazione fisiopatogica ipotizzate possono essere usate come parole chiave per la ricerca in Medline, ottenendo liste di pubblicazioni fra le quali l’indice di sospetto può focalizzare quelle di interesse. Piuttosto modesto è il vantaggio aggiuntivo della ricerca nelle PubMed Clinical Queries rispetto alla ricerca in Medline.

Quale test è indicato nella situazione X?
I test e gli indici clinici servono per la verifica di un’ipotesi diagnostica, o per discriminare fra più ipotesi. Il bisogno di informazione sulla scelta e interpretazione dei test (e anche di sintomi e segni) può essere tradotto in domande "answerable" e può trovare risposta nelle pubblicazioni EBM-correlate incrociando nella ricerca la malattia sospettata con gli indici diagnostici, ad esempio: "con quale test verificare il sospetto di amebiasi in un extracomunitario con dissenteria?"; "come modifica la probabilità pre-test di endocardite infettiva il risultato negativo dell'emocultura?".

La miglior pubblicazione per avere risposte evidence-based alle domande sui test di laboratorio è il trattato di Black et al. integralmente riportato anche nel cd-rom "Best Evidence 5". La sua utilità deriva dal metodo adottato per l'interpretazione clinica dei risultati dei test, basata sull’accuratezza del test e sulla probabilità pre-test (vedi nota 4).

I medici dovrebbero avere ben presente che i parametri di accuratezza dei test (sensibilità, specificità, rapporto di verosimiglianza, valore predittivo) non sono valori costanti, e si modificano in funzione del contesto clinico ed epidemiologico:
• la sensibilità e il rapporto di verosimiglianza del risultato positivo generalmente si elevano con l’aumento della severità o dello stadio di malattia;
• la specificità è diversa a seconda dell’alternativa diagnostica posta dalla presentazione clinica;
• il valore predittivo si modifica con la prevalenza delle malattie nella popolazione a cui appartiene il paziente.

Infine, l'interpretazione di un test positivo o negativo varia con il variare della probabilità pre-test della malattia sospettata, che dipende da un giudizio clinico largamente soggettivo, e la cui importanza per l'interpretazione dei test è costantemente esemplificata nei capitoli del trattato di Black et al.

Note:
1. Haynes B. Can it work? Does it work? Is it worth it? The testing of health care interventions is evolving. BMJ 1999; 319: 652-3.
2. Montori VM, Jaeschke R, Schunemann HJ et al. Users’ guide to detecting misleading claims in clinical research reports. BMJ 2004; 329: 1093-6.
3. Kassirer JP, Kopelman RI. Learning clinical reasoning. Baltimore: Williams & Wilkins, 1991.
4. Black ER, Bordley DR, Tape TG, Panzer RJ. Diagnostic strategies for common medical problems. Second edition. Philadelphia: American College of Physicians, 1999.