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Programma Nazionale Esiti 2018

Programma Nazionale Esiti (2)
ORISTANO, 2 LUGLIO 2019 - – L’ospedale San Martino di Oristano si conferma un’eccellenza nel trattamento della frattura del collo del femore sui pazienti sopra i 65 anni e raggiunge ottimi risultati nella colecistectomia laparoscopica e nella cura di infarto e ictus. A dirlo sono i dati del Programma Nazionale Esiti (Pne) 2018 stilato dall’Agenas, agenzia del Ministero della Salute che dal 2013 fornisce dettagliate valutazioni comparative di efficacia, equità, sicurezza e appropriatezza delle cure a livello nazionale, passando al setaccio tutte le strutture ospedaliere pubbliche e private accreditate sulla base di ben 175 indicatori distribuiti tra diverse aree cliniche.

Un primo brillante risultato lo ottiene l’area osteomuscolare: come attestato dall’ultimo rapporto Agenas, riferito ai dati del 2017, nel reparto di Ortopedia dell’ospedale San Martino diretto dal dottor Giovanni Andrea Ruiu, ben l’80,67% dei 193 interventi chirurgici per ricomporre la frattura su pazienti over 65 è stato eseguito entro due giorni, contro una media italiana che si ferma al 64,74 per cento. Quello oristanese raggiunge peraltro la più alta percentuale fra tutte le strutture ospedaliere della Sardegna. La tempestività nell’esecuzione dell’operazione è uno degli indicatori più rilevanti di una “buona sanità” in quanto riduce la mortalità e l’insorgenza di complicanze post-operatorie, determina una minore durata del dolore e migliora il recupero della funzionalità dell’arto inferiore. Un dato tanto più sensibile in una provincia come quella di Oristano, dove con il progressivo invecchiamento della popolazione la proporzione di persone anziane a rischio di frattura del femore è in costante aumento. Un risultato, quello dell’Ortopedia oristanese, consolidato da diversi anni, che, come sottolinea il direttore Ruiu, è frutto di un lavoro di squadra che coinvolge diverse Unità operative: «Abbiamo organizzato un percorso che ci consente di poter portare quanto prima il paziente in sala operatoria, e questo grazie alla collaborazione di Pronto Soccorso, Radiologia, Anestesia e Rianimazione, Cardiologia, Laboratorio Analisi e dell’intero blocco operatorio: ciascuno ha un suo ruolo importante nell’accelerare i tempi dell’intervento. Si tratta di un percorso complicato, che richiede un impegno aggiuntivo, ma se abbiamo confermato questo importante traguardo, con ricadute importanti sulla qualità e l’aspettativa di vita dei nostri pazienti, il merito va a una molteplicità di soggetti».

Registra un livello di aderenza agli standard di qualità molto alti anche l’Unità operativa di Chirurgia generale, per ciò che riguarda gli interventi di colecistectomia laparoscopica con degenza operatoria inferiore a tre giorni. Il trattamento della calcolosi della colecisti per via laparoscopica, attraverso l'inserimento nell'addome di una sonda a cui è collegata una piccola telecamera, è considerato nettamente migliore rispetto all’intervento chirurgico “a cielo aperto”, eseguito con il classico taglio chirurgico, in quanto comporta una degenza e una convalescenza significativamente più breve. Ebbene, se in Italia in media la proporzione di interventi di colecistectomia laparoscopica con degenza post operatoria entro i 3 giorni è del 75,6%, nel reparto di Chirurgia del San Martino la percentuale è dell’87,75%.

Si classifica al di sopra della media nazionale anche la percentuale di pazienti trattati entro due giorni con angioplastica coronarica (PTCA), un intervento mininvasivo finalizzato a dilatare le arterie coronariche per ripristinare un adeguato flusso sanguigno ed evitare l'infarto. In questo caso, la tempestività dell'intervento è fondamentale per migliorare gli esiti di cura e, se in Italia solo il 46,27% è trattato con PTCA entro i 2 giorni, l'Unità Operativa di Cardiologia guidata dal dottor Antonio Caddeo supera abbondantemente questo dato, sottoponendo all’intervento il 59,55% dei pazienti.
Positivo anche l’indicatore relativo alla mortalità a 30 giorni dei pazienti colpiti da ictus ischemico, indicatore che valuta l’appropriatezza e l’efficacia di tutto il processo diagnostico-terapeutico del paziente nel primo mese successivo all’ictus, dalla chiamata dei soccorsi alla fase post-acuta, con il controllo di complicanze e recidive. In questo caso, su una media nazionale dell’11,34 per cento, a Oristano si registra una mortalità a 30 giorni del 9,90 per cento.

Altro importante metro di misura della qualità e dell’appropriatezza delle cure è dato dalla percentuale dei tagli cesarei sul totale dei parti. Il parto con taglio cesareo rispetto al parto vaginale comporta maggiori rischi per la mamma e per il bambino, per cui dovrebbe essere effettuato solo in specifiche situazioni a tutela della salute della donna o del feto. Scorrendo i dati del Programma Nazionale Esiti si scopre che l’Unità operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale oristanese, guidata dal dottor Antonio Onorato Succu, nel 2017 è riuscito a contenere il ricorso ai cesarei, la cui percentuale sul totale dei parti si è attestata al 23,57 per cento, un dato sovrapponibile alla media nazionale, in un trend in generale calo.

Complessivamente, i dati del Pne 2018 raccontano dunque un ospedale che gode di buona salute ed è in grado di erogare servizi e prestazioni appropriate, efficaci e sicure, in linea con gli standard di qualità fissati a livello nazionale e internazionale.